domenica 16 settembre 2012

L'ultima festa dell'Unità (parte prima)

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Fred faceva le cose con calma e puntualità. Una notevole differenza rispetto al suo amico Amin, che amava fare le cose con troppa, troppa calma. Arrivare puntuali è maleducazione, si giustificava lui. Ciononostante Fred continuava a presentarsi in orario agli appuntamenti con il suo amico. A dire il vero, non riusciva mai a ricordare, o forse a capire quale fosse l'orario dell'appuntamento; in serata, ci si diceva, in serata, che non erano le nove, che non erano le otto.
Fred si muoveva con calma e puntualità, anche perché non voleva arrivare dopo che il cibo fosse finito. Partiva con una certa previdenza e caricava il cofano di sacchi a pelo, due in genere, sapendo che l'alcol sarebbe finito e che non avrebbe guidato ubriaco. Fred amava le attese, perché gli permettevano di osservare il mondo, diceva, e conoscere gente nuova, unirsi al loro tavolo, fare due chiacchiere. Fred è un chiacchierone buongustaio e raffinato, dalla bocca piena di parole e di cibo, alternativamente.
Da quando viveva fuori non ne aveva più mangiati, di spezzatini di fegato. Esaminava la consistenza dei piselli verde scuro, dalla scorza integra e la polpa tenera, quella della cipolla, molle sulla lingua e dal gusto delicato. Mai riuscito a cuocerla così, sarà una cosa da donne.
Di fegato, nella zuppa, ce n'era poco. Si dice che anche dalle sue parti i palati siano diventati ormai più delicati e tollerino poco i sapori forti e pastosi delle interiora. A questa ragione Fred imputava la rarità del fegato nella brodaglia, scartato a favore del più accettato trancio di vitello. Ma sulla qualità del piatto nessuno manifestava dissensi. Anzi, Fred poteva ascoltare, seduto nell'atteggiamento di chi è arrivato troppo presto e cerca compagnia, il segretario, faccia conosciuta, vantarsi dell'ottima gastronomia che il partito era pur sempre in grado di offrire, anche in tempi così duri, ai suoi iscritti, simpatizzanti e votanti (dietro modico corrispettivo).
Come lo fa Gina, lo spezzatino, non ce l'ha mai fatto nessun'altra. E tutti si bevevano un bicchiere di vino rosso, riempito dal marito di Gina, alla salute della santa donna, che aveva sopportato tre parti, la disgraziata morte del primogenito, le invidie della cognata e che sopportava tuttora suo marito, i suoi bicchieri e l'odore della friggitrice che gestivano affianco i più giovani iscritti, esagerando con il sale per assetare i comuni elettori. Non aspettava altro, Fred, che la Gina si manifestasse al terzo brindisi in suo onore con un bicchiere riempito a metà, per carità, non di più, per farle i complimenti, che buono, che buono lo spezzatino.
Mangiava lentamente, Fred. Bagnava il pane nel sugo, poi imboccava una forchettata, masticava. Almeno fino all'arrivo di Amin, aveva bisogno di un buon motivo per starsene seduto lì, a quel tavolo, e stare a sentire i discorsi delle principali personalità della struttura provinciale del partito.
Mentre addentava il vitello placidamente, un doncamillo ritenne opportuno di lanciare all'aria una bella scampanata per segnalare la messa delle dieci di sera per la Madonna del Carmine. I rintocchi si accavallarono ai tamburi suonati dal gruppo di musica popolare apprezzato ogni anno da dieci anni dai nipoti insipidi e sciupati dei pepponi d'antan; si confusero con le scampanellate delle vacche della non lontana stalla, da cui il vento portava a tratti anche i muggiti e zaffate di letame; e offrirono al segretario il pretesto per rimarcare come una volta, quando si era ancora un po' cristiani a questo mondo, le feste dell'Unità non si sovrapponessero con quella del Carmine. Una volta la festa dell'Unità la si faceva ad agosto, quando c'erano pure i tedeschi che tornavano e facevano qualche cliente in più.
Niente più era come prima, neanche il sapore dei vitelli, ciò che non poteva comunque nuocere alla riuscita dello spezzatino di Gina. Le carni erano diventate più grasse, le pance dei politici pure e ai sindacalisti spettavano gli avanzi. Il Presidente, quanto a lui, era la rovina del paese, che l'aveva spezzato in due e se non ce ne si liberava, non si sa dove andare a parare.
A Fred pareva che non si parlasse che di lui, del Presidente, dell'Ipernominato e Cavallerizzato Presidente, più volte imputato nel corso della serata per i mali del paese e per quelli dei suoi detrattori, si difenderebbe il Presidente. Il Cavallerizzo e Irrispettabile Presidente era l'Onnipresente argomento e soggetto della serata dell'Unità, una delle ultime nella storia di questo paese, più presente delle campane, del letame e perfino dello spezzatino di Gina.
Lo Stranominato e Straviziato Presidente, Cavaliere delle sue Puttane, era la causa del disfacimento morale del paese, che nonostante tutto, nonostante gli altri Presidenti, aveva sempre mantenuto, nelle Aule, una certa decenza e moralità.
Il vecchio professore, che Fred conosceva dai tempi del liceo, portava gli stessi baffi di quando redasse lo statuto della sezione cittadina del PCI, qualche anno, qualche decennio prima. Imbiancato con l'età, il pelame sovralabiale conservava bene i segni colorati della salsa dello spezzatino, liberandosene goccia per goccia quando la testa del vecchio professore in pensione decideva di parlare e predicare contro la penosa condotta del Presidente.

Leggi la seconda parte qui.

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